Nell’ultimo anno ben il 30% delle grandi imprese ha realizzato progetti strutturati di smart working, con una crescita significativa rispetto al 17% dell’anno precedente. Assai meno positivo è lo scenario all’interno della Pubblica Amministrazione nella quale, pur a fronte di un interesse crescente e di alcuni lodevoli esperienze, lo smart working è nei fatti assente.

Nel settore privato il modello dello smart working si sta diffondendo rapidamente, conquistando sempre più consensi tra imprese, lavoratori e sindacati. Gli smart workers in Italia – ossia quei lavoratori che godono di discrezionalità nella definizione delle modalità di lavoro in termini di luogo, orario e strumenti utilizzati – sono già oggi oltre 250 mila e sono cresciuti del 40% rispetto al 2013. Nell’ultimo anno ben il 30% delle grandi imprese ha realizzato progetti strutturati di smart working, con una crescita significativa rispetto al 17% dell’anno precedente. Assai meno positivo, purtroppo, è lo scenario all’interno della Pubblica Amministrazione nella quale, pur a fronte di un interesse crescente e di alcuni lodevoli esperienze, lo smart working è nei fatti assente. A dispetto della scarsissima diffusione attuale nel settore pubblico, dunque, lo smart working nella PA da oggi non solo è possibile, ma diventa un obiettivo da raggiungere. Niente più vincoli né alibi normativi, ma una chiara volontà del legislatore a spingere l’adozione di un’organizzazione del lavoro che coniughi anche nel pubblico impiego stabilità e tutela nei contratti, con una maggiore flessibilità e responsabilizzazione nella gestione del rapporto di lavoro. (forumpa.it)

 

 

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