AGIPRESS - FIRENZE - La propensione all'innovazione delle aziende italiane cala, specialmente in quelle medie e piccole. Lo comunica l’ISTAT che spiega come nel triennio 2012-2014 il 44,6% delle imprese con 10 o più addetti di imprese residenti in Italia ha svolto attività finalizzate all'introduzione di innovazioni. Rispetto ai tre anni precedenti (2010-2012), la quota di imprese che innovano scende sensibilmente da 51,9 a 44,6% (-7,3 punti percentuali), calo spiegato in parte rilevante dalla riduzione degli investimenti in innovazioni organizzative e di marketing. La propensione innovativa è in netto calo fra le piccole imprese (41,3%, -8 punti percentuali dal triennio precedente), rispetto alle medie (64,9%, -3,9 punti percentuali), mentre è in contenuta crescita fra le grandi (83,3%, +0,8), per le quali l'innovazione si conferma una caratteristica strutturale. L'Industria è ancora il settore più innovativo con il 50,5% di imprese con attività di innovazione, seguono i Servizi con il 42,2% e le Costruzioni con il 30,5%.
“Un dato che fa pensare quanto la strada verso un processo di innovazione inteso come caratteristica strutturale – commenta Cristina Corradini di Clelia Consulting azienda toscana che si occupa di processi di sviluppo e cambiamento - specialmente nelle imprese medie e piccole, sia ancora lunga, ma allo stesso tempo sempre più necessaria. Le PMI per crescere – aggiunge - così come le grandi imprese, non possono prescindere da un rinnovamento sia dal punto di vista tecnologico che organizzativo, anzi ciò che oggi pensiamo sia davvero strategico oggi – conclude – è proprio l’innovazione e riorganizzazione nei processi interni alle imprese, passo fondamentale per riadattarsi ad un mercato che cambia e che, in ogni caso, offre svariate opportunità. E’ necessario pertanto adottare politiche specifiche per pmi che incentivino l’innovazione, diffondere la cultura all’innovazione, promuovere il sistema in rete per far si che l’innovazione possa avere maggiore probabilità di successo e correlare le start-up ai sistemi d’impresa già esistenti al fine di non perdere la ricchezza dell’innovazione medesima" - conclude.
Sempre secondo l’ISTAT si conferma la tendenza all'adozione di pratiche di innovazione di tipo integrato: il 45,6% delle imprese con attività innovative è stato impegnato nello sviluppo di nuovi prodotti-processi e contestualmente ha introdotto innovazioni organizzative o di marketing; il 46,5% delle imprese innovatrici in senso stretto ha innovato sia i prodotti sia i processi produttivi. Nel 2014 le imprese italiane hanno investito complessivamente 23,2 miliardi di euro per le attività innovative di prodotto-processo, il 4,3% in meno rispetto al 2012. La Ricerca e sviluppo (R&S) rappresenta quasi la metà della spesa complessiva.
La spesa sostenuta per le attività innovative di prodotto-processo è stata in media di circa 6.200 euro per addetto, in lieve diminuzione rispetto al 2012 (6.300 euro). I valori più elevati si sono registrati nell'industria (8.000 euro), in particolare nelle grandi imprese industriali (9.000 euro). Il 23,6% delle imprese innovatrici in senso stretto ha dichiarato di aver beneficiato di incentivi pubblici nel triennio 2012-2014 (era il 20,7% nel triennio precedente). La capacità di innovare attivando forme di cooperazione con altri soggetti è ancora contenuta ma in rapido aumento, riguarda il 19,8% delle imprese (12,5% nel periodo precedente).
Dal Nord al Mezzogiorno si riduce la propensione delle imprese a innovare. Le regioni del Nord continuano a registrare una maggiore capacità innovativa; indipendentemente dalla composizione produttiva, aumenta il gap delle regioni meridionali con il resto del Paese. L'innovazione è ancora fortemente concentrata sul territorio. Due terzi delle imprese innovatrici sono presenti in sole cinque regioni, Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e Lazio. Le stesse contribuiscono ai tre quarti della spesa nazionale per l'innovazione.
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